Alpaca
L’oro delle ande
Morbidezza, setosità e lucentezza sono le caratteristiche che contraddistinguono la lana di Alpaca, una fibra nobile che vanta da secoli eleganza, lusso e notevole pregio.
Sin dall’antichità l’alpaca, camelide originario del Sud America, è stato particolarmente apprezzato al punto da essere nominato “l’oro delle Ande”: l’animale pregiato viene allevato con estrema cura a seconda delle caratteristiche della fibra, che variano enormemente tra alpaca.
Esistono due razze ben distinte ed altamente ricercate nel mondo tessile: la Huacaya Alpaca, caratterizzata da un vello morbido e arricciato che cresce perpendicolarmente al corpo, e l’alpaca Suri, contraddistinto da un manto setoso e attorcigliato, rinomato per la sua inconfondibile lucentezza.
Oltre a qualità note come la sua estrema morbidezza e brillantezza, la lana di Alpaca è elastica, anallergica e non infiammabile. Per di più, possiede delle particolari proprietà termiche che la rendono resistente sia al freddo che al caldo. La grande varietà di bellissimi colori naturali che presenta, dal bianco puro al nero sfumato, conferisce alla lana la particolarità di poter essere utilizzata al naturale, senza essere sottoposta a processi di tintura.
La storia dell’alpaca
Dalle origini a oggi
Le origini dell’Alpaca risalgono al IV millennio a.C. estremamente importante per la cultura Inca, “l’oro delle ande” veniva allevato per creare tessuti pregiati e riservati solo all’imperatore, la sua famiglia e ai membri più influenti della corte. Nel corso degli anni sono stati ritrovati moltissimi tessuti risalenti a quell’epoca: la lana di alpaca è così diventata la fibra artigianale più nota del Perù e la sua lavorazione, che vanta secoli di tradizione, è protetta dall’Unesco come bene immobile di interesse universale.
L’alpaca è sempre stato il simbolo di prestigio personale per eccellenza: la ricchezza di una persona veniva stimata dal numero di alpaca che possedeva. Per di più, la popolazione Inca utilizzava i prodotti in Alpaca come fonte di scambi commerciali e baratti.
Nel sedicesimo secolo, la conquista spagnola del Perù mise a dura prova la sopravvivenza della specie: un gran numero di alpaca furono massacrati per prediligere l’allevamento di pecore. I pochi sopravvissuti furono spostati sull’altopiano di Puno Alta, abituandosi così ad un caldo torrido di giorno e a temperature rigide durante la notte.
A seguito del crollo dell’Impero Inca, le antiche tecniche di allevamento furono perdute e con esse anche la capacità di ricavare una fibra di alta qualità. Il destino della lana di alpaca sembrava ormai segnato: solo nel 1800, dopo numerosi studi e tentativi deludenti, si riuscì a trovare un metodo per tesserla nuovamente, riportando alla luce una fibra che diventerà mano a mano sempre più richiesta nel mercato tessile. Oltre al Perù e alla Bolivia, che oggi vantano un’industria tessile legata alla tradizione e in grado di soddisfare gran parte della domanda mondiale di fibra di alpaca, si stanno diffondendo sempre più allevamenti in tutto il mondo. Gran parte dei Paesi sviluppati, tra i quali l’Australia, Stati Uniti e Giappone, applicano sistemi di allevamento all’avanguardia, con l’obiettivo di incentivare la produzione della lana, garantire alti standard qualitativi e tutelare la sopravvivenza della specie.
La lana d’alpaca
Tecniche di lavorazione
Gli Alpaca vengono tosati una volta all’anno durante la stagione primaverile: un Alpaca femmina è in grado di produrre circa 2,5 kg di lana mentre il maschio ha la capacità di generare anche 4 kg di lana all’anno. Una volta ricavata la fibra, viene lavorata manualmente a livello industriale per poter essere ripulita da polvere e peli morti. Successivamente, la lana viene asciugata e raccolta in balle di juta. Finalmente la fibra può essere filata e tessuta, pronta a dar vita a tessuti caldi, soffici e luminosi.